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Mark, abbi pietà di noi e poi salvaci da noi stessi

06.11.2015

Caro Mark,

ti scrivo perché negli ultimi giorni tutte le volte che posti qualcosa mi trovo a piangere come un vitello.

Hai cominciato con la foto di tua moglie incinta fatta da Annie Leibovitz con una caption che ha fatto scoppiare le ovaie al 98% della popolazione femminile, anche a quelle che hanno detto che di figli non ne volevano più o addirittura mai. Perché tutte ci siamo immaginate perfettamente illuminate da Annie, con un marito devoto con la faccia da pesce lesso che non guarda in camera perché ha capito che quello è il nostro momento.

Mark and Priscilla by Annie Leibovitz

Poi, non pago, ci hai stesi con uno status che questa notte non mi ha fatto dormire.

Mark e l'istruzione personalizzata

Lo riassumo per comodità, ma consiglio a tutti di leggere e analizzare (potete cliccare sull’immagine e andare al post originario).

Priscilla e Mark hanno due obiettivi nella vita, ora che stanno per diventare genitori:

  1. Unlocking the human potential, liberare il potenziale umano. I nostri figli potranno vivere vite migliori se continueremo a fare investimenti a lungo termine nella tecnologia e progredire come società.
  2. Promoting equality, promuovere l’eguaglianza. In tempi di sempre crescente ineguaglianza, abbiamo una responsabilità morale come individui e come società. Dobbiamo investire per dare a tutti l’opportunità di raggiungere il proprio pieno potenziale.

Caro Mark, qui ho iniziato a piangere così tanto che ho proprio fatto fatica a finire il tuo post e anche ora non mi sento tanto bene. Ti racconto un po’ di fatti, così capisci il perché della mia disperazione.

  • A inizio 2014 a mio figlio è stato diagnosticata l’ADHD, tu lo sai cosa è, ma qui in Italia tutte le volte che lo racconto mi dicono “quindi in pratica è un bambino”. Sì, certo è un bambino, che però soffre di un deficit di attenzione legato ai neurotrasmettitori non alla cazzonaggine o alla svogliatezza.
  • Parliamo di un bambino molto, ma molto intelligente: non sopporto le mamme che hanno la sindrome del figlio genio, ma io ho le prove. Nella primavera del 2014 Matteo ha fatto dei test attitudinali nella sua scuola israeliana ed è venuto fuori che fa parte di un 15% della popolazione infantile che ha doti elevate per la propria età. Non è un genio, infatti poi non ha superato i test che lo avrebbero messo nel 4% della popolazione con doti speciali, ma comunque vuol dire che lui potrebbe davvero liberare il suo potenziale nell’ambiente giusto.
  • La scuola israeliana pratica già da anni forme di insegnamento personalizzato, sia nella scuola pubblica, in minor misura, ma comunque presente, sia attraverso scuole chiamate democratiche (che poi se lasciate in mano a gente non in gamba hanno delle derive terribili, ma comunque l’idea e la volontà ci sono).
  • Matteo parla italiano e ebraico e sta imparando inglese e francese praticamente da solo. Abbiamo fatto l’abbonamento a Netflix per permettergli di ascoltare i diversi accenti della tua lingua, perché, non so se lo sai Mark, ma qui in Italia la lingua straniera è un riempitivo, spesso insegnato non da insegnanti madrelingua, e la seconda lingua straniera credo sia prevista solo al liceo. La prossima volta che fai uno speech in cinese pensa a noi, che combattiamo come possiamo per diffondere lingue diverse dall’italiano (ma evidentemente siamo in pochi perché l’unica recensione da una stella del mio libro – shameless product placement e pure affiliate link così pago l’insegnante di ripetizioni - me l’hanno lasciata perché ci sono troppe parole in inglese). Capito Mark? Quando è che studi l’italiano o meglio il latino? Sono sicura che con questo publicity stunt potresti aggredire una nuova quota di mercato in Italia.
  • La maestra di  Matteo, nonostante sia stata informata delle sue difficoltà, continua ad urlargli contro e chiedergli di smetterla di fare lo scemo e concentrarsi e non capisce perché un bambino così intelligente non finisca mai di copiare quello che lei scrive alla lavagna.
  • Abbiamo scelto questa scuola perché c’era una sezione Montessori: sai, siccome anche altri 2 nice jewish boys sono stati in una scuola Montessori pensavamo fosse proprio la scelta giusta per il nostro “nice-not-jewish-but-israeli-special-boy”. E invece.
  • La maestra di Matteo butta via i lavoretti dei bimbi, se non sono fatti “bene”, ovvero in modo preciso, come solo un adulto può fare anche per questioni psicomotorie. Pensa se a te avessero buttato via la beta di Facebook perché avevi un tag non chiuso.
  • La maestra di Matteo questa settimana si è rotta un braccialetto battendo la mano sulla cattedra per richiamare l’attenzione dei bambini in classe e poi ha detto che era colpa loro.
  • La maestra di Matteo ieri gli ha dato una nota perché non aveva il quaderno di Educazione Civica. Quaderno che noi abbiamo segnato che è da portare il venerdì in una tabella di giorni/materie/quaderni/libri che abbiamo fatto vistare da lei per essere sicuri che Matteo abbia delle istruzioni chiare e univoche da seguire.
  • Tutti gli anni vado in vacanza in un villaggio in Corsica in cui la metà dei villeggianti sono famigliole italiane, quasi tutte torinesi o milanesi, e tutti gli anni c’è una colonia di adulti disabili francesi che viene a passare lì 3 settimane. Quest’anno mio papà, che è l’amministratore delegato di questo posto paradisiaco, è dovuto andare alla gendarmerie locale a chiedere come comportarsi in caso di minorenni che prendono in giro e fanno dispetti a questi ragazzi disabili. Per questa volta ha scelto di convocare le famiglie dei ragazzini coinvolti, ma credo che il prossimo anno, se la cosa continua, passeranno alle vie legali.
  • Poi volevo anche dirti che ho dovuto interrompere tutti i rapporti con una ragazza con la quale collaboravo, giovane madre di due bambini, perché ha pensato bene che usare mongoloide come aggettivo per definire una cosa un po’ cretinetta potesse essere una cosa normale, da dire pubblicamente sul proprio profilo Facebook. Mi rammarico di non aver segnalato il post al tuo team prima che lei lo rimuovesse.
  • Non parlo qui di uguaglianza perché, beh, Mark, questa piantina in cui l’Italia è rimasta praticamente l’unico paese al di fuori dell’ex cortina di ferro a non riconoscere le unioni gay forse l’hai vista mentre i tuoi programmatori ti proponevano l’avatar arcobaleno per festeggiare la scelta del tuo paese lo scorso giugno.
  • Quella foto poi: tutte ‘ste donne! Lo sai Mark che io sono una contributor di WordPress e domani, facciamo il primo Contributor Day qui in Italia e su 90 partecipanti siamo meno di 10 donne? E dire che Automattic fa proprio di tutto per promuovere l’inclusione e la parità (ed è anche per questo che amo tanto anche loro).

Cosa può fare una madre che fa l’imprenditrice, proprio per liberare il suo pieno potenziale e con una vision chiara come il cristallo, ovvero aiutare le persone ad emanciparsi grazie ai propri piccoli business e alle potenzialità di internet? Cosa posso fare Mark? Perché io lavoro tante ore e in più cerco di seguire un po’ Matteo di pomeriggio con i compiti, ma a dire il vero non ho né le competenze, né la pazienza per farlo. Mio marito è israeliano e non si sente a suo agio con l’italiano a sufficienza da aiutarlo. Così abbiamo assoldato una persona per aiutarlo. Ovviamente privatamente, perché la scuola pubblica italiana non ha più una lira e ha persino tolto gli insegnanti di sostegno per i bambini con difficoltà di apprendimento, figuriamoci quelli con l’ADHD.

Poi Mark vorrei sapere anche da te cosa possiamo fare in Italia per convincere gli imprenditori locali, alcuni nella lista degli uomini più ricchi del pianeta (e donne, kudos Maria e Miuccia!) a fare qualcosa per la scuola pubblica? Cioè invece di dover portare noi la carta igienica in classe, non possiamo chiedere a Leonardo di donare 24 milioni di rotoli di carta igienica (3 x allievo, gli studenti in Italia sono circa 8 milioni)? Io non so se ci sono degli imprenditori italiani che donano soldi alla scuola pubblica, se voi lo sapete ditemelo che sono contenta di comprare dalle loro aziende, sapendo che con il mio acquisto di fatto contribuisco anche all’istruzione pubblica italiana. 16 rotoli di carta igienica Esselunga Ecolabel, quindi già un roba figa, costano 4,39 euro, iva inclusa. Fai tu il conto, che sei bravo, ma secondo me è fattibile per uno che ha un patrimonio personale stimato di 20 miliardi di dollari. Miuccia potrebbe donare gli asciugamani per i bagni delle elementari e un servizio di lavanderia industriale per lavarli una volta alla settimana. Silvio i libri scolastici editi da Mondadori. Maria Franca iniziare un programma per le mense, ispirato a quello che fa Jamie Oliver in Inghilterra. E Paolo e Gianfelice non potrebbero fare una donazione, anche in materiali e forza lavoro, per mettere in sicurezza le scuole fatiscenti?

Insomma Mark, tu, come Bill prima di te, fai un prodotto meh, ma poi sei un filantropo talmente incredibile che io ti seguo, ti ammiro, ti amo, proprio personalmente, e continuo a comprare i Facebook Ads anche se non mi servono ad un cazzo per aumentare il tuo fatturato e permettere a te e Priscilla di continuare a fare del bene nel mondo. In questo momento la tua causa è l’India, ma sappi che anche in Italia non ce la passiamo mica tanto bene.

Tua, con devozione e stima,

Francesca

Il brutto di questo trasloco

22.08.2014

È che non so con chi piangere.

A casa? Non posso: non voglio che Matteo mi veda preoccupata perché poi mi dice “dai mamma, stiamo andando in un posto dove non c’è la guerra, è una bella cosa”.

Mannaggia figlio mio, non ti potevo fare un po’ meno sensibile?

Non voglio che Tamir mi veda piangere perché se no ho paura che si senta cornuto e mazziato: “ecco, ma se sei triste e piangi perché ce ne dobbiamo andare?”. Anche se lo so che lui non è affatto così, ma le paturnie sono mie su questo blog e quindi faccio la vittima quanto mi pare.

Non voglio piangere di fronte alla famiglia di Tamir perché piangono già abbastanza loro non c’è bisogno che io infierisca.

Non posso piangere di fronte ai miei amici perché qui non ho mai visto nessuno piangere, solo ad un funerale di una ragazzo giovane, morto di tumore quando il suo bambino aveva 2 anni e quindi mi sentirei tremendamente in colpa.

Quindi aspetto la sera, che tutti vadano a dormire, mi ritiro in bagno e piango in silenzio. Poi mi faccio gli occhialini con l’acqua di rose per sgonfiare gli occhi e presentarmi fresca la mattina dopo a colazione.

E così si riparte…

17.08.2014

Dio, Allah, Jeovah, Buddha, Universo, Karma, mi rivolgo a te, chiunque tu sia. Anche se non credo che tu esista in questi momenti tutto fa.

Fai che i Cohen trovino un po’ di pace e di serenità.

Che la smettano di essere sempre insoddisfatti del posto e del momento in cui si trovano.

Che imparino a vedere il bello delle situazioni e che modellino la propria vita assorbendo tutti gli impulsi positivi che arrivano dall’esterno.

Che riescano a disfarsi di tutto ciò che hanno accumulato in quasi 4 anni e che abbraccino una volta per tutte l’arte del minimalismo.

Fai che il distacco da Israele sia gioioso e ottimista per tutti, per chi va e chi resta.

Aiutali ad atterrare serenamente nel Vecchio Continente e a far capire loro che Torino non è la peggiore delle soluzioni possibili, ma una città tranquilla in cui crescere il piccolo di casa senza sirene, rifugi e servizio militare obbligatorio. E poco importa se per andare al mare si devono fare 120km, vorrà dire che imparerà a sciare…

Chiunque tu sia aiuta soprattutto Matteo a superare questo nuovo cambiamento e i suoi genitori ad essere pazienti con lui e con loro stessi. Fai capire che devono accettare la vita per come viene, essere affettuosi e uniti.

Ma se puoi fare una cosa e una soltanto: facci ritrovare Dudù che senza di lui tutto è ancora più difficile.

Amen

Ps E se un lettore del blog avesse un Dudù d’avanzo, orsetto Ikea da 1 euro prodotto negli anni 2006-2008 che si faccia avanti, paghiamo bene!

dudu

 

Parlo per me

04.07.2014

Puntuale come un treno svizzero è arrivata la risposta dei civili israeliani alla morte dei 3 ragazzi rapiti qualche settimana fa. Un giovane palestinese (si chiamava Muhammad Hussein Abu Khdeir  e non “giovane arabo” come si limita a dire la stampa italiana)  è stato ucciso in un atto di orribile vendetta.

Per quanto riguarda la magnitudine delle operazioni dell’esercito posso solo dire che mi sembra un uso sproporzionato della forza. Ovviamente non sono un’esperta di questioni militari, ma leggo qui e là, soprattutto B’Tselem, 972 e Active Stills e mi sembra che questa escalation di violenza promossa dallo Stato non possa portare nulla di buono.

Però parlo per me e confesso che la cosa che mi spaventa davvero è l’atmosfera tra i civili, israeliani e palestinesi: mi spaventa che i coloni siano sempre più violenti e armati, mi spaventa che i giovani palestinesi pensino che violenza e al terrorismo siano l’unico modo per far sentire la propria voce.

E non mi dite che non hanno altra scelta, perché la scelta di una protesta non violenta c’è sempre. È che tra i giovani di una popolazione sfinita e lasciata nell’ignoranza dai propri governanti, Hamas e le altre organizzazioni terroristiche trovano terreno fertile. Esattamente come le organizzazioni di estrema destra ebraiche trovano terreno fertile nelle colonie, che sono al centro di una grande querelle nazionale (cioè mica pensate che tutti gli israeliani le supportino e riconoscano?!). Il fatto che i giovani laici israeliani riescano a trovare modi per non arruolarsi – cosa che fino a qualche anno fa non esisteva proprio – mentre i coloni si arruolino tutti, anche gli studenti delle yeshiva, la dice davvero lunga.

Poi però a pagarne le conseguenze sono ragazzi come Mohammed o i bambini delle scuole di Sderot, città israeliana quasi giornalmente colpita da missili provenienti dalla Striscia di Gaza (scommetto che anche di questo non sapevate nulla in Italia), che durante l’ultima operazione sono stati ospitati dalla scuola di Matteo per mantenere un’impressione di calma e quotidiana normalità.

Ieri sera nel centro di Tel Aviv c’è stata una grande manifestazione promossa da Peace Now chiamata “Manifestazione del buonsenso” che aveva l’intenzione di riportare i toni della questione nella sfera del dialogo. Ci sono andate un sacco di persone, ma sulla stampa internazionale non ne ha parlato nessuno.

Ecco allora ve lo dico io: Israele non è solo violenza, estrema destra, esercito, slogan di odio per gli arabi. E in Palestina c’è anche un team di street racing al femminile. Nei territori occupati lavorano i rabbini che promuovo i diritti umani. A Yafo, città di fianco a Tel Aviv con popolazione prevalentemente araba, il mio amico Yair, nato nel kibbutz di mio marito, ha aperto una galleria d’arte che propone artisti palestinesi contemporanei.

Anche qui è possibile la normalità. Come facciamo per farla diventare la norma e non l’eccezione?

 

 

Quale pace?

30.06.2014

Stavamo guardando la partita in pizzeria quando hanno interrotto le trasmissioni per annunciare il ritrovamento dei corpi dei 3 ragazzi israeliani rapiti. Al ristorante hanno subito cambiato canale, probabilmente per non turbare le tante famiglie che come noi sono andate a cena fuori per festeggiare la fine della scuola. O forse perché in Medio Oriente si è completamente perso il senso dell’empatia.

Muoiono 3 ragazzi? Eh beh, erano dei coloni che non hanno diritto di essere da quelle parti. Se la sono cercata, no?
Rastrellamenti in Cisgiordania? Tanto i Palestinesi sono tutti terroristi, no?

No.

I 3 ragazzi sono vittime innocenti di una guerra ben più subdola e sporca di quello che voi vedete comodamente seduti in poltrona in Italia. Ben più complessa di quello che vedo io comodamente seduta in poltrona a 30km dalla Cisgiordiania.

La verità è che io non sono affatto contro l’esercito israeliano: questo paese, come l’Italia, ha il diritto di difendersi dagli attacchi nemici. Ma i Palestinesi della Cisgiordania o di Gaza non sono i nemici.

I nemici sono i terroristi e se non lo hanno capito qui che “Occhio per occhio, dente per dente” non funziona, il dibattito DEVE spostarsi fuori dal Israele e dall’Autonomia Palestinese. Deve tornare ad essere una priorità per l’ONU e per i paese democratici, occidentali e orientali.

Deve tornare ad essere una priorità per legittime organizzazioni governative e non.

La questione non può essere lasciata a buffonate come quella della flotilla per la pace, la causa palestinese non può essere raccontata da Mankell o dai giovani idealisti che pensano che andare a Gaza 6 mesi con una sedicente NGO sia il modo giusto per aiutare.

Io una soluzione non ce l’ho ovviamente: ma so che ultimamente sono diventata più riflessiva e attenta a quello che succede intorno a me e ho sempre meno pazienza per chi inneggia alla libertà palestinese o alla supremazia israeliana senza conoscere la storia, anzi meglio, i fatti, non fuorviati da letture e commenti faziosi.

Alle famiglie superstiti, da un lato e dall’altro, posso solo augurare una cosa: di cercare il supporto di associazioni come The Parents Circle e di seguire l’esempio di Manuela Dviri.

Ora vado ad abbracciare il mio bambino e a sognare un futuro in cui cose così non succedano più.